A sangue freddo – Truman Capote
Traduzione di Mariapaola
Ricci Dèttore
Garzanti
391 pagine
Mi ha fatto un po’
impressione leggere questo libro perché si tratta di un romanzo/cronaca.
Capote, infatti, racconta dell’omicidio della famiglia Clutter, composta da una
coppia con una figlia e un figlio adolescenti. Abitavano in una prospera
fattoria a Holcomb, in Kansas, e la loro vita fu crudelmente interrotta nelle
prime ore del 15 novembre 1959.
L’autore concluse questo
libro dopo anni di ricerche e interviste, che lo portarono a ripercorrere le
vite non solo delle vittime ma anche dei loro carnefici: Perry Smith e Dick
Hickock. Tutto questo fino alla fatidica notte e ai mesi (anni) che seguirono -
indagini, arresto ed esecuzione.
Ai giorni nostri siamo
ormai abituati ad essere subissati da fatti di cronaca nera da tv, giornali… i
media non tralasciano niente, concentrandosi su un delitto e parlandone fino
alla nausea.
Non è il caso di
quest’opera, che nonostante il tema trattato (che all’epoca fece molto scalpore
e causò a Capote un’accusa di voyeurismo cinico) non porta traccia di
morbosità.
Truman Capote riesce a
far venir fuori la cordialità e l’umanità delle vittime, l’egocentrismo degli
assassini, senza calcare la mano. Mantiene una cronaca che non nasconde la
natura di coloro coinvolti, pur non accusando né giustificando. Il racconto che
ne risulta è freddo e oggettivo ma non privo di sensibilità.
Quello che quest’autore
ci offre è uno scorcio su un mondo oscuro che esiste parallelo al nostro -
fatto di dolore e terrore - e che ci sembra così fortunatamente lontano e
irreale. Capote è riuscito in quello che
i media odierni non possono raggiungere, nonostante il costante bombardamento: farci scorgere le vite che si celano dietro un titolo scandalistico.
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