Le acque del Nord – Ian McGuire
Traduzione di Andrea
Sirotti
Einaudi
278 pagine
È il 1859, Patrick
Sumner è un medico, o almeno quel che ne rimane, e l’unico impiego che trova
per esercitare la sua professione è sulla Volunteer,
una baleniera diretta nelle acque tra Canada e Groenlandia. Un lavoro monotono
e mal pagato, ma che forse finalmente gli porterà quell’oblio che il laudano
gli permette di scorgere.
Ciò che troverà, invece,
è un misto di vita e morte. Un’avventura che il giovane dovrà affrontare,
spremendo tutte le sue risorse e i crediti che gli rimangono con la sorte, per
solo poter sperare di sopravvivere.
Se si mettono insieme
XIX secolo, navi, balene e letteratura non può non venire in mente Moby Dick. Non
mi metterò di certo a fare paragoni (anche perché ho solo leggiucchiato il
libro di Menville) e passerò direttamente a questo romanzo di Ian McGuire che parla
sì della caccia a questi meravigliosi cetacei, ma soprattutto della lotta che
fin dagli albori incorre tra gli uomini.
L’autore si è rivelato
un maestro nel ricreare la crudezza della vita dell’epoca, suscitando
sentimenti tanto forti da farci voler prendere le distanze con la storia. Tuttavia,
la descrizione quasi morbosa non diventa opprimente, lasciando emergere
l’essenziale a scuoterci. Questo sia per quanto riguarda il trattamento
riservato alle prede quanto agli esseri umani (squartare una balena deve essere
qualcosa di davvero disgustoso).
Questa storia non può
lasciare indifferenti, l’ho trovata ben scritta e avvincente. Ci mostra un
ammasso di uomini spogliati della società che li identifica e per i quali ogni
avvenimento è amplificato dall’essere ai confini del mondo. Chi si salva? Chi
può uscirne pulito? Ognuno ha i suoi peccati e nessuno risulta particolarmente
simpatico.
Ed è pieno di confini
questo mondo. Tra socialmente accettato e non, tra mentalità di un’epoca e
malvagità senza tempo, tra sopravvivenza e sopraffazione, tra Dio e fortuna.
Imbarcatevi su
quest’avventura, ma fatelo consci di ciò che vi attende.
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