L’ombra venuta dal tempo – Howard P. Lovecraft
Traduzione di Barbara
Gambaccini
85 pagine
Edizioni Clandestine
È il 1908 e Nathaniel
Wingate Peaslee, docente alla Miskatonic University, è colto da un’improvvisa
amnesia che porta un cambiamento di personalità nell’uomo.
Il nuovo Nathaniel non
ha alcun ricordo di sé e del suo passato e, fatto ancor più strano, non sembra
minimamente interessato a tornare in possesso della sua vecchia vita.
Si muove, va in giro,
interagisce con chi gli sta intorno, parla inglese, ma in modo particolare,
quasi arcaico, e ha uno strano accento. Si dedica completamente allo studio,
intenzionato ad apprendere il più possibile: nozioni di storia, scienza e altri
campi. Cose che magari dovrebbe anche sapere, ma allo stesso tempo è a
conoscenza di fatti ormai dimenticati della storia umana. Arriva addirittura ad
avere alcune previsioni del futuro.
Parenti e amici non
riescono più a stargli vicino, come se inconsciamente la verità li avesse
raggiunti.
Devono passare oltre
cinque anni prima che Nathaniel torni se stesso, senza conservare alcun ricordo
del tempo trascorso. Cerca di far luce su quanto gli è successo, indaga,
studia, e scopre che sono esistiti altri casi come il suo. Un’entità si è
impossessata del suo corpo, scacciando la sua mente, e lo ha usato come tramite
per muoversi nel mondo e svolgere le sue ricerche. Una volta portati a termine
i suoi scopi, la presenza se n’è andata lasciando che la coscienza originale riprendesse
il suo posto.
Ma la mente di Nathaniel
dove è stata? I suoi ricordi di quel periodo sono proiettati milioni di anni
nel passato, quando la Grande Razza abitava la Terra nelle sue mastodontiche
città. Sono solo allucinazioni le sue o la realtà è più incredibile di quanto
si possa mai pensare?
In questo lungo
racconto, che è la cronaca di un uomo la cui mente ha oltrepassato i confini
del tempo, avvertiamo la fatica del narratore di renderci partecipi dei suoi
incubi e dei suoi orrori.
«La mia intera concezione del tempo – e in particolar modo
il confine tra gli accadimenti in successione e altri simultanei – risultava
compromessa al punto, che cominciai a formulare nozioni illusorie sulla
possibilità di vivere in un’epoca e proiettare la mente nell’eternità,
arrivando così a conoscere sia il passato che il futuro.» (pag. 15)
Per comprendere cosa gli
è successo e riappropriarsi di quella sanità mentale che continua a scivolargli
tra le dita, il professor Wingate Peaslee si spinge fino al continente
australe, nella speranza e nel timore di trovare risposte.
In questo libro di H. P.
Lovecraft ho ritrovato degli elementi già riscontrati in altri suoi lavori.
Primo fra tutti la perdita della ragione o, meglio, la paura di smarrirla. Il
terrore generato da questa possibilità è uno dei motori che spinge Nathaniel ad
agire e cercare.
Non mancano poi le razze
antiche, aliene, abitatrici del nostro pianeta milioni di anni prima della
nostra comparsa.
«[…] una razza […] tra tutte la più grande, la sola che era
riuscita a impadronirsi del segreto del tempo. Le sue conoscenze […] conformi a
proiettarsi nel passato e nel futuro, attraverso salti temporali di milioni di
anni, erano del tutto sconosciute all’essere umano.» (pag. 27-28)
Infine, anche i sogni
hanno un ruolo dominante in questo racconto come in altri del solitario di
Providence. È attraverso di essi che Nathaniel esplora i ricordi del tempo
trascorso con la Grande Razza.
Mi è piaciuta molto
questa storia e l’ho trovata, dopo ormai diverse letture di quest’autore,
familiare. I racconti di Lovecraft non possono non essere letti senza arrivare
a far parte del suo mondo.
Ho trovato interessante
l’idea di questo spostarsi nel tempo - che non voglio anticiparvi troppo, anche
se magari avrete sentito già parlare di questo libro da altre parti - ma non
posso non dire quanto sia rimasta affascinata dall’inventiva dietro queste
pagine. Trovo sempre più coinvolgente il modo in cui Lovecraft vede l’universo:
immenso, eterno, misterioso e terrorizzante. Riesce a portare l’orrore fuori
dalle mura di una casa infestata e ad espanderlo, facendolo diventare enorme e
avvolgente, senza lasciarci via di scampo.
Commenti
Posta un commento