Jezabel – Irène Némirovsky
Traduzione
di Laura Frausin Guarino
Adelphi
194
pagine
È il
1934 e in un tribunale di Parigi una folla si è radunata per assistere a un
processo. I giornali ne hanno parlato e ora i curiosi possono finalmente
saziare i loro occhi e vedere di persona la bella Gladys Eysenach, l’imputata
accusata di aver ucciso l’amante ventenne Bernard Martin.
Elegante,
ricca e con un passato misterioso e pieno di amanti, è un personaggio ricercato
dai rotocalchi e tutti sperano di trarre il massimo della goduria dalla sua
caduta, seguita morbosamente.
Gli
uomini ammirano la sua bellezza, le donne la invidiano, ma a mano a mano che si
va avanti anche questo fatto di cronaca perde il suo fascino. Gladys inizia a
sembrare più umana e che abbia tradito il suo amante principale con il giovane
Martin meno sconvolgente. Anche le ragioni che l’hanno portata ad ucciderlo si
perdono nei mormorii di un tribunale coperto di nubi, dove la novità del caso
perde vivacità e la sentenza la sua importanza.
Gladys
annuisce, ammette di aver ucciso Bernard, ma non vuole parlarne, desidera solo
che tutto finisca al più presto. Che la condannino e poi non le facciano più
domande.
Cosa si
nasconde dietro a questa premura? Vergogna? Rimorso? Pentimento? O quale altro
oscuro segreto può celarsi dietro il suo volto imbellettato?
Lo
scopriremo andando avanti a leggere. Capitolo dopo capitolo ripercorriamo la
vita di Gladys, dalla sua giovinezza, al debutto in società, alle sue perdite,
ai suoi amanti e soprattutto scopriremo la sua ossessione. L’unica cosa al
mondo che è importante per lei: avere la conferma di quanto sia giovane e bella
e del suo potere sugli uomini.
Nel
corso della sua vita questa Jezabel, una donna biblica manipolatrice, è
disposta a calpestare ogni cosa pur di ottenere conferme, di rincorrere
giovinezza, amori e felicità di cui non riesce a fare a meno. Non importa se
deve privare altri di queste cose pur di ottenerle. A ogni anno che passa, a
ogni ostacolo, a ogni ombra che minaccia di porre fine al suo regno, chiede
ancora un po’ di tempo. Un altro amore, un’altra conquista, ancora, ancora una.
Poi quando sarà davvero vecchia, avrà pace, quando non potrà più andare avanti.
L’egoismo
di questa donna vi farà rabbrividire e la sua cecità davanti a ogni altra cosa
che non sia se stessa la porta a preferire la morte e la prigione, tutto pur di
non ammettere che la sua giovinezza sia svanita, che il suo ascendente sul
sesso opposto sia privo di forza.
Non so
se la Némirovsky avesse una persona in mente mentre scriveva o la sua volesse
essere una più generale critica alle donne e agli uomini anziani che si
attaccano alla vita, cosa di per sé non di certo sbagliata, ma che nel farlo
non hanno remore a strappare tutto quello che possono alle generazioni future,
pur di portare avanti ancora un po’ la loro illusione. Se era questo il
messaggio, è arrivato (non solo grazie a Gladys).
Un
romanzo molto bello, dove questa eroina tragica, se così possiamo chiamarla,
entra in una spirale ossessiva e distruttiva. Legata a un destino ineluttabile,
a una perenne ricerca, a una sete mai placata, non importa quante vite riesca a
prosciugare. Questo crescendo, della sua ossessione, del nostro sconvolgimento
nei confronti di questa donna, riflette il ritmo del libro che ha il suo
culmine, di tutto quello che abbiamo letto, con la narrazione dell’omicidio
finale.
È
interessante rileggere le prime pagine dopo aver finito il libro, per vedere
con una nuova luce l’imputata. Infatti, scopriamo Gladys poco a poco nel corso
della storia. I suoi segreti e il suo essere ci vengono svelati senza fretta e
finiamo per costruire il suo ritratto come se fosse un puzzle, non riuscendo a
vedere l’immagine completa se non alla fine.
«Non ritrasse la mano; solo le narici sottili
fremettero leggermente, e il volto così giovane si trasformò di colpo in un
volto di donna, astuto, avido e crudele. Che delizia vedere un uomo ai propri
piedi… Che cosa c’era di più bello al mondo di quel nascente potere femminile…?
Era proprio questo che stava aspettando, che presagiva da tanti giorni… Il
piacere, il ballo, il successo… non erano niente, impallidivano davanti a
quella sensazione intensa, a quella sorta di fitta interiore che provava.» pag.
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