Le sette morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton – Una tenuta isolata, un omicidio da risolvere, otto reincarnazioni per farlo


Mi trovo qui a dover mettere per iscritto i miei pensieri su Le sette morti di Evelyn  Hardcastle e, lasciate che ve lo dica, non è facile. Non so bene da che parte iniziare.

Prima di tutto, sappiate che non è facile riassumere la trama, succedono troppe cose, ci sono tanti personaggi ed è decisamente intricata, perciò dovrete accontentarvi di un paio di righe.

La trama

Un uomo si risveglia, non sa chi sia, non sa dove si trovi, non sa cosa gli sia successo. Bell deve scoprire tutto questo, ma Bell non è Bell, è solo nel corpo del dottor Bell. Aiden, questo il suo vero nome, si risveglierà in altri corpi, rivivendo la stessa giornata, sempre ospite a Blackheath House. Tutto questo per uno scopo, risolvere il mistero della morte di Evelyn Harthcastle, figlia dei padroni di casa, che verrà assassinata quella sera stessa durante una festa in suo onore.

Lo stesso giorno, diciannove anni prima, Thomas Hardcastle  (il fratellino di Evelyn) fu ucciso sempre a Blackheath. Quale maledizione ricade su questa famiglia?

 

Potrei dirvi qualcosa in più, sulla casa, sugli invitati, ma questo non vi chiarerebbe molto le idee. È un romanzo complesso, pieno di misteri, colpi di scena, e vi terrà col fiato sospeso fino alla fine. Un giallo fuori dal comune, se così può essere chiamato, dove vedremo il protagonista consumato da queste sue reincarnazioni, mentre cerca di risolvere l’omicidio senza perdere sé stesso. 

 

Senza gli ospiti a distrarmi dagli arredi, Blackheath mi appare una dimora davvero malinconica. Con l’eccezione del maestoso atrio d’ingresso, i locali che attraverso si rivelano antiquati, insidiati dalla muffa e dal degrado. Negli angoli si accumulano i granelli del veleno per i topi, e la polvere ricopre ogni superficie troppo alta per essere raggiunta dal braccio di una domestica. I tappeti sono logori, i mobili segnati, i servizi d’argento coperti di macchie occhieggiano dietro le sudicie ante delle vetrine. […] Blackheath è viva soltanto grazie alle persone che la abitano. In loro assenza, l’edificio non è altro che un rudere deprimente in attesa del pietoso intervento della palla d’acciaio di un demolitore.

 

Il ritmo serrato e la trama ricca sono due particolarità di questo libro che salteranno subito agli occhi, facendo venire voglia di mettere ogni tanto il romanzo in pausa per non esserne totalmente sopraffatti. Questo è stato quello che ho fatto io e mi ha aiutata ad assimilarlo meglio. 

I personaggi mi sono piaciuti anche se non mi hanno colpita in modo particolare, ma data la loro quantità questo non mi stupisce. Hanno fatto il loro lavoro all’interno della storia.

Le atmosfere e le ambientazioni le ho trovate azzeccate, opprimenti senza essere esagerate, elaborate ma non confusionarie, la tenuta di Blackheath viene anche rappresentata all’inizio del libro da una mappa, cosa sicuramente utile. 

 

È uno specchio.

La creatura dallo sguardo folle sembra imbarazzata quanto me da questa rivelazione.

Muovendo un passo incerto in avanti, esamino per la prima volta il mio aspetto, e un senso di delusione mi invade. Solo adesso, fissando quell’individuo tremante e spaventato, comprendo di aver avuto delle aspettative sul mio aspetto.

Conclusioni

Un bel romanzo, che vi terrà col fiato sospeso e che è davvero l’ideale se dovete portarvi qualcosa in viaggio o in vacanza perché è uno di quelli che vi può durare un po’ e tenere sempre interessati. Ho apprezzato anche la conclusione e la spiegazione di questa strana realtà di reincarnazioni, il cui scopo principale mi sembra rimanga comunque quello di fare semplicemente da cornice e pretesto per il mistero principale.

 


Traduzione: Federica Oddera
Editore: Neri Pozza

Pagg. 523 

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