Kitchen di Banana Yoshimoto – La scoperta della perdita


Scegliere di leggere un libro a scatola chiusa è un rischio che non corro spesso, ma a volte bisogna rischiare e buttarsi oppure il timore di scegliere la lettura sbagliata può prevenire interessanti scoperte. Questo libro è uno di questi casi.

Avevo sentito parlare molto bene di quest’autrice senza mai decidermi a leggere qualcosa di suo ma alla fine, eccomi qua.

 

Senza tanti giri di parole posso affermare che mi sia piaciuto nonostante sia uscita dalla mia comfort zone, sia per lo stile che per i contenuti, ma ho potuto così scoprire qualcosa di nuovo. Capisco come nella quarta di copertina dicano che il suo linguaggio «vuole essere una rielaborazione letteraria dello stile dei manga», perché leggendo queste pagine riuscivo davvero a immaginarmi le scene e la loro dinamica come in un fumetto. Questo mi ha un po’ sorpresa, soprattutto pensando al tema di questo libro breve (Kitchen) e del racconto che segue (Moonlight Shadow): il lutto. 

La perdita di una persona amata è qualcosa che travolge la vita dei protagonisti, che si ritrovano con un profondo senso di solitudine e straniamento a continuare con la loro vita di tutti i giorni. Perché è questo quello che succede, senza grandi rivoluzioni, senza eventi catartici che improvvisamente liberano i personaggi permettendogli di iniziare una nuova vita. La vita c’è già, prosegue, come un fiume, loro devono smettere di osservarla da lontano e ributtarcisi dentro. Ognuno in un modo diverso. Può aiutare un’altra persona, il jogging o una divisa alla marinara, ma si deve trovare quel qualcosa che ci aiuti a stare a galla mentre ci ributtiamo nel fiume e ricominciamo a guardarci attorno.

 

Con tutta me stessa avrei voluto fermarmi: smettere di camminare, smettere di vivere. Il pensiero che ci sarebbe stato un domani, e poi un dopodomani, e poi una settimana, non mi era mai sembrato tanto insopportabile. Continuare a vivere nei giorni a venire con quella sensazione di sconforto totale, mi ripugnava. Mi era ingrata anche la mia figura che percorreva le strade come quelle di qualsiasi altro passante notturno senza rivelare lo scompiglio che avevo dentro.

 

Non è facile parlare di questo tema, a rappresentarlo, ma la Yoshimoto ci riesce con una delicatezza e una naturalezza incredibili, mostrandoci il dolore nella sua purezza.

Non esagera, non cade nel patetico. Rivela il senso di alienazione che provoca la perdita di una persona cara, della luce sicura che trovavamo nella nostra vita. E dopo siamo persi, in balia del mondo.

È una storia che si basa sui sentimenti, sulle emozioni, più che sulla logica, come fa notare la postfazione di Giorgio Amitrano (consigliatissima). Sono loro le protagoniste che permeano ogni cosa.

 

Due testi sulla consapevolezza della perdita e su come la vita vada avanti, senza però fare di questo chissà quale rivelazione, solo un dato di fatto. La semplicità della vita.

 



Traduzione e postfazione: Giorgio Amitrano
Editore: Feltrinelli

Pagg. 148 

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