Snob – Julian Fellowes
Traduzione di Maria
Cristina Savioli
Beat
331 pagine
Siamo negli anni ’90 e,
benché appartengano al XX secolo e non al XIX, la nobiltà esercita ancora un
certo fascino, in grado di nutrire la fantasia di generazioni di romanticoni e
arrampicatori. Sarà l’idea di una cerchia ristretta e irraggiungibile, l’alone
di romanticismo, il lusso sfrenato, la popolarità… ma molti sognano di farne
parte e cercano di ritagliarsi uno spazietto di olimpo.
Tra tutti questi una
persona ci riesce, Edith Lavery. La giovane riesce a sposare Lord Bourgham e a
coronare il suo sogno.
Tuttavia, ogni cosa ha
un prezzo. A cosa dovrà rinunciare per farsi chiamare milady e snobbare la
plebe? Vivere dall’altra parte delle pagine patinate è davvero così bello?
«Era preda del desiderio tipico del ventunesimo secolo, vale
a dire voleva la botte piena e la moglie ubriaca.» pag. 130
Julian Fellowes (autore
di Belgravia) non rinuncia di certo a dire la sua e smaschera cosa si cela
dietro i sorrisi dell’aristocrazia inglese. Ipocrisie, odi, snobbismo, abitudini,
credi (perché un vero nobile sa di esserlo e non mette mai in dubbio la sua
posizione, anzi, trae forza da questo credo). I personaggi sono consapevoli, in
gran parte, di tutto questo (sanno chi è arrivista, chi un po’ idiota, chi ha
denaro, chi ha una posizione, che frequentano qualcuno perché del proprio giro
e non per meriti personali e allo stesso modo escludono altri) e lo accettano.
Sono consapevoli di tutto ciò, anche se non possono dirlo ad alta voce
(impensabile!) e lo accettano. L’importante è seguire queste regole e ciò che
appare. Il sollievo viene dal fatto che ogni cosa sia al suo posto. (Nota a
parte, Fellowes riconosce anche le caratteristiche positive di queste persone).
Ora, ammetto che è un
mondo ben lontano da me, ma non fatico neanche a credere quello che scrive
Fellowes. La storia non annoia ed è scorrevole, anche se magari non
particolarmente sorprendente, e si lascia leggere con un certo piacere.
Forse dopo la lettura
potremmo provare ancora un po’ d’invidia per questo mondo “fatato”, ma almeno
saremo consci del fatto che la vita della principessa e del principe azzurro è,
per certi versi, più terra terra di quanto non possiamo immaginare e che,
parafrasando non so più chi, non esiste una felicità perfetta.
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