Cavalli selvaggi – Cormac McCarthy
Questo libro apre la Trilogia
della
frontiera, che comprende Oltre
il confine e Città della pianura.
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Traduzione di Igor Legati
Einaudi
299 pagine
Quando vidi la copertina in libreria pensai subito a Butcher’s Crossing. Saranno stati i
cavalli, oppure i giovani che partono per un viaggio alla scoperta di se
stessi. Riesco a vedere una certa affinità fra loro, come il comune bisogno che
li rende inquieti come un cavallo rinchiuso in un recinto troppo stretto.
Ci troviamo in Texas nel 1949. John Grady Cole lascia la sua
terra natia insieme all’amico Rawlins. Partono perché sono giovani, partono
perché vedono la loro vita solo a stretto contatto con i cavalli, partono
perché non c’è niente che li trattenga.
Nel viaggio verso il Messico si unisce a loro un nuovo
compagno, un ragazzino di nome Jimmy Blevins che cerca di fuggire dalla sua
vita. Il trio prosegue senza meta precisa nei grandi spazi del Messico. Troveranno
quel che cercano? Può questo Paese sconosciuto essere la loro nuova casa? Le
risposte non sono scontate, perché anche se si aspira a una vita semplice, non
per questo possiamo essere accontentati.
Nonostante le avventure, belle e brutte, i giovani
resistono. Viaggiano così con senz’altro che se stessi e accettano quello che
la vita offre loro senza lamentarsi, senza voltarsi a recriminare sul passato. John
Grady non lascia che niente lo sposti da quello che è.
Con McCarthy sembra di fare un viaggio nel vecchio west, più
che essere a metà ‘900. I sogni dei cowboy appaiono ancora vivi e i legami con
i cavalli e la natura i più saldi. Il selvaggio Messico è a pochi passi e pare
promettere quella vita rude e concreta che i giovani sembrano cercare. Quanto
questo viaggio li cambierà? Che uomini diventeranno? Le risposte potranno
trovarle solo loro, a seconda degli eventi e a come vi reagiranno.
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