Storia della pirateria – David Cordingly

Traduzione di Adria Tissoni
Mondadori
285 pagine

Non ho mai letto storie di pirati, ma come tutti ne sono rimasta in qualche modo affascinata. Il cinema ha sfruttato l’argomento a dovere e quindi, se anche la sua letteratura ha finora sfuggito il mio sguardo, ho assorbito in qualche modo la mia dose di storie e fantasie.
David Cordingly è stato per 12 anni Direttore delle mostre al National Maritime Museum di Greenwich. Questo libro nasce da un’esposizione degli anni ‘90, «Pirats: Fact and Fiction», che sarebbe dovuta durare solo pochi mesi ma che invece, dato il successo, finì per proseguire per tre anni. Non aspettatevi però di veder confermate le vostre illusioni, perché Cordingly vi farà tornare con i piedi per terra.
Gli stereotipi legati ai pirati sono così radicati nell’immaginario collettivo che ormai l’idea che ce ne siamo fatta è una sola per tutti. Gambe di legno, pappagalli, bandane, cappelli, armi, tavole sospese… La realtà dovrà ridimensionare tutto ciò, si perdevano arti e si trasportavano animali mentre si combatteva armati fino ai denti, ma non c’erano passeggiate sull’asse e in genere la “carriera” di un capitano durava giusti un paio d’anni.
Questo saggio è interessante perché spazia in diversi campi in cui la pirateria appare. Non solo mi aiutata a farmi un quadro dell’argomento – dove essa era praticata e in che epoca (anche se si concentra sui caraibi e la costa dell’Africa occidentale), ma arriva a spaziare dalla letteratura al cinema. Non dimenticando di parlare dei personaggi più importanti come Barbanera e Sir Henry Morgan, delle battaglie e delle lotte per sconfiggere questa piaga.

Un saggio interessante in cui l’autore ci tiene a sottolineare come le atrocità commesse dai pirati non vadano sottovalutate e che vuole cancellare dalla nostra mente il romanticismo legato a queste figure. Senza però mancare di confermare ciò che di vero ci sia nelle credenze comuni.
Concludo con un breve accenno ai motivi che spingevano un uomo ad unirsi a una ciurma pirata, nonostante i pericoli e le pene per chi veniva catturato, perché è un elenco che mi ha incuriosita.

  • Durante i periodi pace molti uomini si trovavano senza lavoro (marinai che conoscevano solo quel mestiere).
  • Capitani crudeli, spingevano disertare.
  • Alcool.
  • Voglia d’avventura.
  • E soprattutto… il desiderio, la brama, di ricchezze.

Detto questo, tenete presente che non erano pochi coloro che erano costretti a unirsi dopo aver subito un attacco, perché detentori di preziose abilità (chirurghi, carpentieri). Questi sfortunati poteva anche finire appesi come pirati poiché non sempre era possibile dimostrare la loro coercizione e a volte i giudici non si prendevano troppo la briga di controllare.

Mi è piaciuto e contiene molte informazioni, anche se forse sono un po’ sparse, ma devo dire che ho trovato altri saggi di una lettura più scorrevole. È un peccato non aver potuto visitare la mostra, ma chissà, con un tema così popolare, potrebbero finire per riproporla.

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