Un gioco da bambini – J. G. Ballard

Traduzione di Franca Castellenghi Piazza
Feltrinelli
92 pagine

Un altro breve romanzo, questa volta di J. G. Ballard che, come anche ne Il condominio, fa chiaramente trapelare una critica alla società e, in questo caso, al suo modo di crescere i bambini – in quella che è una continua ricerca di incanalarli verso i sentieri prestabiliti dagli adulti.

Il Pangbourne Village, un’amena e ricca località residenziale fuori Londra, avrebbe dovuto essere il sogno di molti e un esempio per le future comunità. Sicuramente lo è stata per un po’, finché, una mattina di giugno, i suoi residenti e dipendenti (32 adulti in tutto) sono stati trovati brutalmente uccisi e i 13 ragazzini figli degli abitanti scomparsi.
La verità che verrà a galla in qualche modo, anche se per pochi, è bene difficile da credere. Infatti, sono stati i giovani a compiere quella strage.

Il continuo controllo unito a una permissività e una pazienza senza limiti (che rasenta un’indifferenza e un’avversione all’emotività), hanno finito per soffocare la nascita di un’identità in questi ragazzi e ragazze. L’unica possibilità di fuga per questi adolescenti è stata liberarsi degli adulti che li imprigionavano in una gabbia dorata e che ne soffocavano ogni emozione, e quindi non per odio o per vendetta, ma per sfuggire all’«universo perfetto» nel quale erano rinchiusi.
Come ne Il condominio i protagonisti sono regrediti a una lotta fisica ed estrema come unica forma di espressione di se stessi e della propria predominanza.

È stata una lettura piacevole ma sicuramente ho preferito gli altri suoi due romanzi che ho letto. 

«In una società totalmente sana, l’unica libertà è la follia.» pag. 74

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