Le navi dei vichinghi - Frans Gunnar Bengtsson

Traduzione di Lucia Savona
BEAT


238 pagine

"Resoconto di tre viaggi immaginari, ma plausibili (interrotti da un breve, movimentato interludio di vita casalinga) affrontati da Orm il Rosso, figlio di Toste, un normanno abile, pieno di risorse, pragmatico e lievemente ipocondriaco 'Le navi dei vichinghi' fonde nelle sue pagine tutti gli espedienti letterari sviluppati dai grandi scrittori europei nel corso del Diciannovesimo secolo, uno sguardo ironico penetrante e clemente insieme come mai si riscontra in Dickens; un'acutezza di spirito e un disincanto degni di Stendhal; un'epica impregnata della sensibilità antiepica di Tolstoj; e l'erculea spinta narrativa, agile e potente, di Alexandre Dumas. Come la metà dei grandi romanzi della tradizione europea, è corposo, violento, di grande respiro e canta di guerre, di tesori e di strabilianti imprese di uomini e di re; come l'altra metà, è intimo, famigliare e racconta del ritmo delle stagioni e della vita nei villaggi e nelle fattorie, di matrimoni, di nascite e del cuore delle donne che colgono con fin troppo intuito l'immensa presunzione di uomini e re sanguinari. Ha qualcosa da offrire a chiunque abbia l'avventura di leggerlo, e il lettore, giunto alla fine, si affezionerà all'autore Frans Bengtsson come a un amico per il resto della vita - così come ci affezioniamo a ogni compagno affidabile, capace e congeniale che incontriamo in qualsiasi grande romanzo, avventura o romanzo d'avventura. Bengtsson ci descrive il mondo intorno all’anno 1000 visto attraverso lo sguardo di chi in quei giorni ne abitò i territori più settentrionali, offrendo una ricostruzione storiografica convincente e accurata, cogliendo con sorprendente acutezza le minuzie che compongono il mosaico delle umane vanità e mostrando l’instancabile verve di un consumato narratore.”
Dall’introduzione di Michael Chabon

Non è come lo avevo immaginato. Mi aspettavo descrizioni più dettagliate e romanzate ma quello che ho avuto in cambio non mi ha delusa e mi sono lasciata trasportare, pagina dopo pagina, nelle avventure di Orm il Rosso.
Una vita piena quella del nostro protagonista, che possiamo seguire per molti anni. Le poche pagine che compongono il libro non impediscono a Bengtsson di raccontarci le numerose peripezie di Orm e dei suoi compagni. Le vicende si susseguono con linearità e senza inutili fronzoli pur rimanendo esaustive.
Bengtsson ci mostra il mondo, con i suoi popoli e le sue religioni, osservati e compresi attraverso gli occhi di Orm e degli altri suoi contemporanei. La morte, le razzie, i pericoli vengono accettati e compresi in un modo diverso dal nostro. La loro vita poteva interrompersi in qualunque momento per le cause più svariate, perciò la affrontavano a testa alta e cercando di morire secondo i propri ideali. Gli uomini e le donne non si lasciano scoraggiare dalle loro disavventure ma si adattano ad esse. Lo spirito pratico di quei tempi è incarnato da molti personaggi. È inoltre singolare il loro rapporto con le divinità. Esse sono molte e una non esclude l’altra ma anzi ognuna è ritenuta più o meno conveniente a seconda di dove si trovano.
Con vergogna devo ammettere che questo è il mio primo vero approccio alla letteratura nordica. Nonostante ne sia sempre stata affascinata, non avevo mai compiuto finora un passo in tal senso, forse perché non sapevo neanche da che parte cominciare. Spero che questo sia il primo di una lunga serie, vedrò di guardarmi un po’ in giro per trovare ispirazione. Sicuramente è stato un buon inizio che dà la giusta voglia di approfondire.

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