Il lamento del prepuzio – Shalom Auslander

Traduzione di Elettra Caporello
Guanda
268 pagine

In questo libro l’autore sviscera la sua eterna lotta contro la sua religione e contro Dio. Perché essere un ebreo ortodosso che vive a Monsey, New York, non è facile. Le regole, le tradizioni, il senso di colpa, il peccato… sono macigni pesanti da sostenere.
La sua vita è una continua battaglia senza esclusione di colpi da una parte e dall’altra. È sembra pronto a discutere con Dio, a cercare di ingraziarselo, a sfidarlo, a cercare perdono, a fare un patto…

È divertente nella sua tragicità (è più facile vedere le cose con ironia a distanza di anni) ma alla fine diventa forse un po’ ripetitivo. Rimane comunque scorrevole e divertente.

«A volte mi chiedo se lui, il rabbino – e anche io – non soffriamo di una forma metafisica della sindrome di Stoccolma. Tenuti prigionieri da Costui per migliaia di anni, ora Lo lodiamo, Lo difendiamo, Lo scusiamo, qualche volta uccidiamo per Lui, un esercito di teenager in deliquio che giurano fedeltà al loro Charles Manson celeste. Il mio rapporto con Dio è stato un ciclo senza fine non del famoso “fede seguita dal dubbio”, ma di “pacificazione seguita rivolta”; di “conciliazione seguita da indifferenza”; di “ti prego, ti prego, ti prego, seguita da vaffanculo, ‘fanculo, rottinculo”. Io non rispetto lo Shabbat, non prego tre volte al giorno, non aspetto sei ore tra la carne e il latte. Le persone che mi hanno cresciuto direbbero che non sono religioso. Si sbagliano. Quello che non sono è osservante. Ma sono dolorosamente, rovinosamente, incurabilmente, miserabilmente religioso e ultimamente ho notato, sbalordito e sconvolto, che in giro per il mondo sempre più persone sembrano trovare Dio, ognuna di loro più piena di odio e più assetata di sangue del vicino, mentre io sto facendo del mio meglio per perderLo. E sto miserevolmente fallendo.
Io credo in Dio.

È un vero problema, per me.» pag. 67

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