Oggetto quasi – José Saramago


Ho scelto questo libro d’impulso, memore delle belle letture fatte in precedenza grazie a Saramago. Una scorsa alla quarta di copertina ed era mio.

Finito il primo racconto, non sapevo cosa fare. Non mi era piaciuto. Com’era possibile? 
Dopo essermi crogiolata per un po’ nel dolore di un acquisto sbagliato, nel chiedermi perché non riuscissi ad apprezzarlo, che cosa non riuscissi a capire, mi sono fatta forza e sono andata avanti.

Non giudicare una raccolta dal primo racconto


Gioia e tripudio. Proprio come non si deve giudicare un libro dalla copertina (anche se io lo faccio, almeno un po’), lo stesso vale per la prima storia di una raccolta. Pagina dopo pagina, mi sono ricreduta e mi sono goduta i racconti seguenti, la prima brutta esperienza già bella che dimenticata. Ho chiuso il libro con un sospiro di soddisfazione e sollievo per lo scampato pericolo.

Questa disavventura iniziale mi ha ricordato ancora di più che in una raccolta può esserci sempre qualcosa che non è nelle nostre corde e che, è bene ricordarlo, non devono piacerci per forza tutte le opere di un determinato autore. Senza stare qui a dilungarsi sui meriti delle opere in questione o delle nostre capacità intellettuali, i gusti sono gusti.

I racconti


Dopo questa breve introduzione ho il piacere di presentarvi i racconti presenti in questa raccolta, Oggetto quasi, pubblicata per la prima volta nel 1978.
In quest’opera possiamo trovare delle storie nelle quali gli oggetti protagonisti sono esaminati in ogni loro sfaccettatura, prendono vita, vengono visti per quello che sono, e diventano loro il vero fulcro della storia. 
Con la sua scrittura, José Saramago, riesce a creare storie surreali che, per quanto incredibili, nascondono sempre verità profonde e dolorose dell’animo umano. Quando ci parla di cimiteri giganti circondati da alte mura, macchine impazzite, centauri solitari, state certi che c`è ben altro dietro e per quanto sia fantasioso il suo modo di raccontare il messaggio che vuole inviare, arriva dritto al cuore.

La sedia

Questo primo racconto non mi è piaciuto nonostante possa vedere la maestria di Saramago nel dilatare per così tante pagine la caduta di un uomo da una sedia. Passando dai materiali di cui è composta la sedia, o sarebbe potuta essere composta, ai tarli e agli animali che la hanno o l’avrebbero potuta infestare.
Per me alla fine è risultato troppo denso e anche confusionario per poter apprezzare appieno la scrittura e tropo poco interessante la trama per godermi la storia.
Dalla quarta di copertina si può evincere qualche chiarimento su quest’ultima, infatti, è una metafora della morte del dittatore portoghese Salazar, seguita a una caduta da una sedia.

[…] e lo stile si avvantaggerà della varietà delle parole, le quali in fin dei conti non dicono mai la stessa cosa, per quanto lo si voglia.

Embargo

Un uomo esce di casa per andare al lavoro con la sua auto.
Un’azione compiuta da un’infinità di persone ogni giorno, tuttavia, saranno ben pochi quelli che si ritrovano nella situazione del protagonista. Egli si ritrova, in un modo che non riesce a comprendere, prigioniero della sua auto. Non può lasciarla e non può condurla dove vuole più di tanto. 
Una macchina che assume una volontà propria e che riesce ad esercitare potere sul suo guidatore, conducendolo lei, questa volta, dove vuole.
Questo racconto mi è piaciuto decisamente di più, sia per la trama (una singolare rivolta delle macchine) sia per lo stile, chiaramente più leggibile del primo. 
Cosa può dirci questo pezzo? Forse, che alla fine, tante volte, lasciamo che siano gli oggetti a possederci (e soprattutto a definirci) piuttosto che il contrario.

Curioso. Non si era mai accorto di questa specie di fremito animale che percorreva a ondate le lamiere della carrozzeria e le faceva rabbrividire il ventre.

Riflusso

In una terra lontana, un re governa come si confà a un re. Visita il Paese in lungo e in largo, taglia nastri, accarezza bambini, accetta fiori… Fa il suo dovere con piacere, solo una cosa riesce ad angustiarlo. Un carro funebre, una vedova in lutto, un cipresso! La Morte! Egli soffre, non ne sopporta la vista, né quella di qualsiasi cosa che rimandi a lei.
Una felice idea balena nella sua mente: la creazione di un cimitero unico atto a raccogliere tutti i cadaveri del Paese.
Così in diversi anni viene costruito il cimitero e riempito, con i cadaveri dei cimiteri ufficiali, poi vengono cercati gli abusivi, poi gli animali, e tutti devono essere seppelliti lì. 
Riuscirà questo sovrano a cancellare la Morte?
Vorrei parlarvene di più ma mi dispiacerebbe troppo anticiparvi tutto. Desidero che ve lo gustiate anche voi.
In questo racconto, in ogni caso, come avrete potuto dedurre, si affronta quello che è l’eterno problema dell’uomo, la sua mortalità. Che non sembra possibile sfuggire. O si?
Mi è piaciuto ed ho dovuto leggerlo con attenzione perché inizia parlando di questa costruzione, le sue particolarità, le strade che vi conducono, chi deve pagarla e all’inizio non è ben chiaro cosa stia succedendo. Ho trovato interessante che Saramago inizi la storia in questo modo, immergendoci immediatamente in quest’opera monumentale che non può che creare un certo sconcerto.

La costruzione, quattro mura servite da quattro strade, era un cimitero. E questo cimitero sarebbe stato l’unico del paese. 

Cose

Un impiegato di un Paese estremamente ben organizzato, che ha delle regole e delle abitutdini strane (perché uno dovrebbe ordinare un pianoforte in un ufficio statale?) ma che sembra far filare tutto liscio, va in ufficio.
Ci sono degli incidenti, porte che feriscono mani, divani con la febbre, cassette della posta che scompaiono. E il peggio deve ancora venire.
Che cosa sta succedendo alle cose? Il governo se ne occuperà! Anche l’impiegato che seguiamo è angosciato e deciso a risolvere il problema, questo potrebbe portargli un avanzamento!
Anche in questo caso vorrei dirvi di più però preferisco come sempre lasciarvi la scoperta e piuttosto non dire abbastanza. Anche questo vi farà riflettere alla fine, sempre sugli esseri umani. I veri destinatari dei testi di Saramago, che riesce a trovare modi sempre più sorprendenti per farci affrontare le nostre debolezze e le nostre colpe.

Nel corridoio, guardò di nuovo l’ora. Continuavano a mancare dieci minuti. Che l’orologio fosse fermo? Lo accostò all’orecchio: il tictac risuonava nitidamente, ma le lancette non si muovevano. 

Centauro

Questo è il racconto più triste e anche quello in cui ho meno compreso il collegamento agli oggetti.
Rimane una storia toccante e malinconica nella quale un centauro, ultimo della sua specie, si ritrova a vagare per il mondo, e ripercorre nella mente gli avvenimenti della sua interminabile vita. Ai tempi felici, alla caduta del suo popolo, al suo girovagare iniziale, fino ad arrivare a tempi più recenti che lo hanno costretto alla circospezione.
Ciò che rende così vivido questo racconto ma anche diverso da altri che potrebbero avere per protagonisti queste creature mitologiche, è la particolare rappresentazione delle sensazioni e le problematiche che da l’avere un tale corpo.
Il centauro sembra spezzato, diviso. L’uomo e il cavallo vivono insieme come un tutt’uno ma non lo saranno mai. L’uomo non può dormire in piedi ma sdraiato sul fianco non resiste a lungo, il cavallo può avere sete ma l’uomo no e tuttavia bere per lui, l’uomo decide dove andare ma il cavallo può agire d’istinto senza seguire un ordine. Una vita difficile, in fuga, dove il nostro protagonista appartiene a un gruppo ma non del tutto, né può abbandonarsi completamente all’altro. Diviso ma indivisibile, è costretto a vivere una vita solitaria e inquieta.

E per vedere il cielo, aveva sempre dovuto torcere il collo, tranne quando il cavallo si impennava sulle zampe posteriori e il viso dell’uomo, in alto, riusciva a inclinarsi un po’ di più all’indietro: allora sì, poteva vedere meglio la grande campana notturna piena di stelle, il prato orizzontale e tumultuoso delle nuvole, oppure la campana azzurra e il sole, come l’ultima traccia della forgia originale.

Rivincita

Quest’ultimo racconto è composto solo da un paio di pagine e non ho ben compreso in realtà il titolo. Un giovane, degli uomini che castrano un maiale, una ragazza. Più che una storia sembra una descrizione di un quadro e non c’è molto da dire sulla trama, possiamo più che altro apprezzare la bravura di questo scrittore.

Conclusioni


Leggere Saramago lascia sempre qualcosa. I mondi che crea, fantasiosi e irreali, sono ben più vicini al nostro di tanti romanzi.
Ho apprezzato questi racconti, dove ho ritrovato la sua maestria nell’evidenziare gli aspetti umani che sono nascosti alla mera vista, riportati alla luce a volte dolorosamente e implacabilmente.





Traduzione: Rita Desti
Editore: Feltrinelli
Pagg. 136

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