Frankenstein di Mary Shelley – Il moderno Prometeo e il mostro


Quando ho iniziato questo libro non sapevo bene cosa aspettarmi, poiché quello di Frankenstein è un mostro che non ho mai seguito molto. Ho più familiarità, se così si può dire, con vampiri, mummie e licantropi. Anche semplicemente attraverso il cinema.

Non mi sono mai curata troppo di questa creatura che ha preso vita in una notte buia e tempestosa. Il poco che avevo assimilato finora era stato comunque sufficiente a delineare nella mia mente tutti gli stereotipi di questo mostro e della sua storia. Uno scienziato pazzo, una creatura incompresa assemblata con parti umane.


Ho affrontato quindi il libro avendo in mente uno stile più moderno di quanto non sia in realtà e credendo di trovare accenni più specifici a scienza ed esperimenti, questo per colpa dell’influenza della cultura popolare, che non ho mai approfondito.

Ho scoperto quindi un libro che mi ha sorpresa per quanto mi è piaciuto, pur discostandosi dal mio immaginario. È molto di più di quello che il cinema vuole farci percepire


In esso troviamo due esseri a confronto, il creatore e la creatura. Il primo, accecato da brame di gloria e successo, intraprende un percorso che non è disposto a completare. Dopo aver dato vita alla sua opera, che in nessuno momento viene descritta come un insieme di pezzi umani, egli subito la scaccia e non se ne cura. Non credo che Frankenstein sia come Prometeo, poiché il titano amava gli uomini e si dimostrò sempre dalla loro parte. Questo moderno creatore ha subito orrore dell’essere da lui ideato e lo rifiuta, negandogli l’aiuto e l’amore di cui una creatura appena venuta al mondo ha bisogno.

Rinunciando alle sue responsabilità fa un torto a questo mostro ma anche all’umanità che alla fine dichiara di voler proteggere, poiché lascia libero nel mondo un essere dotato di un’incredibile forza e resistenza, con un aspetto che suscita solo orrore e che non sa niente di ciò che lo circonda.


Arriviamo così alla creatura, che si ritrova sola e abbandonata, senza sapere nulla. Poco a poco, scopre il mondo e i suoi abitanti, come un essere primitivo che si ritrova improvvisamente circondato da sensazioni e necessità, senza sapere bene come soddisfarle se non per istinto. 

L’animo di quest’essere, buono e puro, va incontro a un rifiuto dopo l’altro a causa del suo aspetto, che terrorizza chiunque lo veda. Il vedersi continuamente negare l’affetto al quale tanto anela, la violenza che sempre gli si muove contro a ogni suo approccio, fanno si che egli impari a odiare gli esseri umani tanto quanto questi odiano lui. 

Senza una guida, senza un esempio, senza interazioni, non sviluppa nessuna empatia e comincia a rispondere con la stessa violenza che altri hanno voluto usare contro di lui. Anche quando non è attaccato per primo.

Le mie suppliche non ti spingeranno a essere pietoso verso la tua creatura, che implora bontà e compassione? Credimi, Frankenstein, ero buono, il mio animo ardeva d’amore per l’umanità; ma non sono forse solo, spaventosamente solo? Tu, mio creatore, hai orrore di me; quale speranza posso riporre nei tuoi simili, che non mi devono nulla? Essi mi disprezzano e mi odiano. Le montagne deserte e i tetri ghiacciai sono il mio rifugio. […] Amo questi cieli cupi, perché essi sono più gentili verso di me dei tuoi simili.

Quando finalmente ritrova il suo creatore è troppo tardi. Ha passato il confine della malvagità con un’azione crudele e ingiusta, da quel momento è perso perché non può più essere perdonato. Certo, verrebbe da chiedersi, un uomo non otterrebbe perdono? Perché lui è considerato irrimediabilmente senza speranza? 

Ma se neanche Frankenstein, il suo creatore, un uomo buono e di intelletto superiore, riesce a vedere in lui nient’altro che un mostro, distruttore di umanità, come può egli salvarsi? Nel momento in cui Frankenstein rifiuta ogni ammenda da parte sua egli non ha speranza

Viene quindi da chiederci, quest’essere è un mostro perché è nato così o perché è stato fatto diventare tale?

Se una sola creatura provasse nei miei riguardi sentimenti di benevolenza, mille e mille volte la ripagherei; per amor suo farei la pace con tutto il genere umano.

Quest’opera mi ha sorpresa perché mi aspettavo in fondo un testo con qualcosa di più scientifico. Invece, è stato tutto un turbinio di emozioni una dopo l’altra, un insieme di anime sballottate che non trovano pace. 




Sono da notare le bellissime illustrazioni di Lynd Ward, particolarmente adatta alla storia.


Traduzione: Bruno Tasso
Introduzione: Mario Praz

Editore: Rizzoli

Pagg. 259

Commenti

Post popolari in questo blog

Holy Sonnet 10 – John Donne

L’ambiguo malanno – Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana – Eva Cantarella

La morte non è cosa per ragazzine di Alan Bradley – Piccole detectives crescono