Il vagabondo delle stelle di Jack London – L’eternità in un libro


Quando leggi un libro come
 Il vagabondo delle stelle ti scopri a guardarlo un po’ spaesata alla fine. Con il libro appena finito, ancora in mano, mi sono chiesta come possa un oggetto così piccolo contenere così tanto. Intere esistenze.

Ritrovarmi ora a parlarvene non mi risulta facile, perché devo trovare il modo di condensare in poche righe e senza spoilerare un’opera che mi ha stupita e coinvolta come poche. Tra queste pagine ho ritrovato l’autore di Martin Eden ed è stato bellissimo perché ho provato emozioni simili espresse in modo diverso. A fine lettura ci si ritrova a osservare il mondo con occhi nuovi e uno spirito rinvigorito, entusiasta, ansiosi di abbracciare la vita.

 

La trama

 

Darrell Standing è un condannato a morte della prigione di San Quentin, California, nel 1913. Conscio del suo destino come pochi inizia a scrivere la sua storia, raccontandoci appena della sua vita al di fuori del carcere. È tra quelle mura che si svolge il fulcro della storia, se così possiamo dire. 

Una vita orribile, volta a distruggere l’essere umano ancora prima di ucciderlo, con punizioni e condizioni che arrivano alla tortura. Non importa che uno si professi innocente se il direttore del carcere è convinto sia colpevole, è lui a dettare le regole lì dentro.

Apprendiamo presto la terribile, asfissiante, sfinente, tortura della camicia di forza, che lascia il dubbio se saranno primi a colpire gli stenti o la pazzia. Lo stesso Darrell, come ci racconta con particolare dovizia, ne è sottoposto.

C’è qualcosa però che i suoi carcerieri non sanno. Qualcosa che non possono comprendere o neanche immaginare nella loro piccolezza, Darrell è un vagabondo delle stelle. Disteso sulla pietra, stretto e immobilizzato, il suo corpo muore e la sua anima è libera di vagare nel cosmo, tra le pieghe dello spazio e del tempo. Rivivendo le sue vite passate, con atroce forza e realismo, gli anni di prigionia si dilatano, il presente assume un nuovo significato, la morte non è più morte.

 

È la vita a costituire l’unica realtà e il vero mistero. La vita è molto di più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. La vita persiste, passando dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente abitato.

 

Questa è stata una lettura meravigliosa, di quelle che lasciano un segno, che ti entrano dentro, nelle vene e le senti scorrere sottopelle, e non sai neanche tu cosa vorresti dire. Questo perché riesce a coinvolgere completamente, con un racconto appassionante e vivido, una scrittura magistrale, un messaggio profondo ma allo stesso tempo primario. 

Da non dimenticare è la chiara denuncia delle condizioni carcerarie del suo tempo. Un esempio è la camicia di forza, uno strumento di tortura che difficilmente riusciamo a immaginare.

 

Avvertivo solamente uno sgradevole senso di costrizione che – così pensavo nella mia beata ingenuità – si sarebbe attenuato a mano a mano che mi fossi abituato alla nuova posizione. E invece il cuore cominciò a battere con violenza, mentre i polmoni non ce la facevano a inspirare aria a sufficienza. La sensazione di soffocamento era terribile: ad ogni battito del cuore mi sembrava che i polmoni, già provati, stessero per scoppiare.

 

Grazie a Jack London ho iniziato l’anno con il botto e ha alzato l’asticella delle prossime letture. Spero che quelle future siano all’altezza. 

 



Traduzione: Stefano Manferlotti
Nota di Ottavio Fatica

Editore: Adelphi

Pagg. 400

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