The Tyger – William Blake

Dopo aver visitato la mostra di Williamo Blake alla Tate Britain, non potevo non proporvi la sua poesia più famosa: La tigre.

                        Tyger! Tyger! Burning bright
                        In the forests of the night:
                        What immortal hand or eye
                        Could frame thy fearful symmetry?

                        In what distant deeps or skies
                        Burnt the fire of thine eyes?
                        On what wings dare he aspire?
                        What the hand dare seize the fire?

                        And what shoulder, and what art,
                        Could twist the sinews of thy heart?
                        And when thy heart began to beat,
                        What dread hand? And what dread feet?

                        What the hammer? What the chain?
                        In what furnace was thy brain?
                        What the anvil? What dread grasp
                        Dare its deadly terrors clasp?

                        When the stars threw down their spears,
                        And water’d heaven with their tears:
                        Did He smile His work to see?
                        Did He who made the Lamb make thee?

                        Tyger! Tyger! Burning bright
                        In the forests of the night:
                        What immortal hand or eye
                        Dare frame thy fearful symmetry?


                        Tigre! Tigre! Divampante fulgore
                        Nelle foreste della notte,
                        Quale fu l’immortale mano o l’occhio
                        Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

                        In quali abissi o in quali cieli
Accese il fuoco dei tuoi occhi?
Sopra quali ali osa slanciarsi?
E quale mano afferra il fuoco?

Quali spalle, quale arte
Poté torcerti i tendini del cuore?
E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?

Quale mazza e quale catena?
Il tuo cervello fu in quale fornace?
E quale incudine?
Quale morsa robusta osò serrarne i terrori funesti?

Mentre gli astri perdevano le lance tirandole alla terra
E il paradiso riempivano di pianti?
Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
Chi l’Agnello creò, creò anche te?

Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale mano, quale immortale spia
Osò formare la tua agghiacciante simmetria?

Traduzione a cura di Giuseppe Ungaretti

La poesia fu pubblicata nel 1794 nella raccolta Songs of Experience. Quest’ultima dovrebbe completare quella uscita nel 1789 e chiamata Songs of Innocence, che contiene la poesia The Lamb (alla quale The Tyger si contrappone).
Ho leggiucchiato qua e là per cercare di comprenderla almeno un po’ e in molti l’hanno analizzata. La prima cosa che si nota è la quantità di domande, rivolte a un’entità superiore. Com’è possibile che colui che ha creato tante cose buone e belle (tante creature pacifiche, l’agnello) abbia creato anche cose terrificanti e paurose (la tigre)? Quindi, come possiamo interpretarla? Come una richiesta a Dio? Sul perché lasci coesistere sulla terra il bene e il male?
Secondo un’interpretazione la tigre rappresenta l’industrialismo e il male che ha portato e le foreste si riferiscono a Londra e altre città industrializzate… non so, ma questo dimostra come ognuno possa intenderla come preferisce, secondo la sua sensibilità. È vero che Blake era conscio delle condizioni di vita della popolazione della capitale inglese (basta leggere la sua poesia London) e sappiamo come la rivoluzione industriale abbia si portato un’evoluzione tecnologica, ma al prezzo di tanti lavoratori sfruttati (anche bambini) in condizioni orribili (sia lavorative che salariali).
In così poche righe è scritto più di quanto non appaia a una lettura veloce.


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