L‘imperatrice Cixi – La concubina che accompagnò la Cina nella modernità – Jung Chang
Traduzione
di Elisabetta Valdré
Longanesi
527
pagine
Questo
saggio mi ha tenuto compagnia per molto tempo. È stata una lettura lunga ma non
per questo noiosa, semplicemente, ho impiegato molto a finirlo e ho cercato di
assimilarne il più possibile. Mi capita con i saggi.
In
questo caso, tutto il tempo dedicato è valso la pena. Si tratta di un saggio
interessate e anche di scorrevole lettura, che ripercorre la vita
dell’imperatrice vedova Cixi. Una donna con una fama controversa ma il cui
contributo alla Cina non può più essere oscurato.
Non
è di certo facile scoprire la verità su un tale personaggio, così a lungo
diffamato, e del quale si sa poco. Se una cosa è certa, è che parlarono molto
di più coloro che erano contro di lei
che quelli che erano dalla sua parte.
Nata
nel 1835, fu scelta come concubina dell’imperatore Xianfeng, e diede alla luce
il suo unico erede maschio, il futuro imperatore Tongzhi.
Alla
morte dell’imperatore Xiangfeng, nel 1861, Cixi e l’imperatrice Zhen (consorte
dell’imperatore) organizzarono un colpo di stato e presero il potere,
governando in nome del figlio fino a quando non fosse cresciuto, assumendo
entrambe il titolo di imperatrici vedove.
Seguirono
lunghi anni di governo per Cixi, tra successi ed errori, tra momenti di grande
potere a quando dovette farsi da parte per i figli (due, uno naturale e uno
adottivo). Tra guerre, carestie, trattati e tradizioni millenarie radicate
nell’animo dei cinesi, non era facile portare avanti una modernizzazione che,
per quanto straniera, era necessaria alla sopravvivenza della Cina stessa.
Nel
bene e nel male, Cixi governò in nome del figlio e in seguito in nome del figlio
adottivo, a fasi alterne (dovendosi eclissare per fare spazio a loro, era una
donna che governava in loro vece fino al raggiungimento della loro età adatta a
regnare), fino al 1908, anno della sua morte.
Ho
cercato più informazioni su di lei su internet. Riassunti, articoli, opinioni,
non è facile farsi un quadro oggettivo. Molti, tutt’oggi ne parlano come di una
despota che portò la Cina alla rovina, una conservatrice che impedì al paese di
seguire la via della modernizzazione.
Tuttavia,
non credo che sia vero, benché l’autrice di questo libro mi sembri un po’ di
parte a volte, enfatizzando gli atti positivi che fece, il suo libro si basa
comunque su documenti storici. Le fonti sono «decreti imperiali, rapporti di corte, comunicazioni ufficiali,
corrispondenze private, diari e resoconti di testimoni oculari». Fonti
cinesi che, ci spiega Jung Chang, non sono state consultate al di fuori del mondo di lingua cinese. Documenti
giapponesi sembrano inoltre confermare alcuni dei rapporti del Giappone con la
Cina (lo spionaggio e l’ambizione nipponica di controllare la Cina).
Dopo
queste letture, mi sono fatta un’opinione personale sull’imperatrice vedova
Cixi. Non si può sicuramente tacciarla di essere conservatrice, perché la sua
spinta alla modernità è chiara e ricca di testimonianze. Le riforme e novità
che portò in Cina sono note: ferrovia, elettricità, telegrafo, medicina
occidentale, università, viaggi all’estero per i funzionari, esercito e flotta
moderni, metodi contemporanei per il commercio e la diplomazia. Certamente avrebbe
potuto fare di più, farlo prima, e alcuni interventi non furono abbastanza
decisi, è vero. Tuttavia, la loro gradualità significò che non causarono spargimenti
di sangue e portarono poche rivolte. La Cina è un paese antico ed erano in
molti a non volere queste innovazioni occidentali, erano loro i veri
conservatori. Non va dimenticato, inoltre, che benché guardasse al futuro, la
stessa Cixi era superstiziosa e legata alle tradizioni.
Se
andate su Wikipedia, vi avverto, non troverete queste informazioni, invece lì Cixi
è accusata di aver fermato le riforme approvate dall’imperatore Guangxu (il
figlio adottivo, dopo la morte dell’imperatore Tongzhi) e i suoi consiglieri
(come Kang). La verità è un’altra, le riforme erano state approvate da Cixi,
quello che lei fece fu impedire a Kang (e al Giappone che lo appoggiava) di
prendere il potere. Guangxu sarebbe stato una marionetta nelle loro mani.
Per
non dividere la Cina, fu anche costretta a nascondere il ruolo di Guangxu in un
attentato alla sua vita.
Se
Kang si fosse impadronito del potere sarebbe stato meglio o peggio per la Cina?
Avrebbe tenuto a bada il Giappone? La via per la modernità sarebbe stata più
rapida? (Non va dimenticato che Kang non voleva una democrazia, credeva ci
dovesse essere un imperatore).
Questo
non possiamo saperlo, ma Cixi non avrebbe mai ceduto. Come non sappiamo come
sarebbe stata l’ingerenza giapponese.
Parlano
di Cixi come di una crudele despota ed era capace di esserlo. Punì severamente
con la morte chi attentò alla sua vita, chi portava violenza nel paese, che
scatenava rivolte che avrebbero portato solo distruzione. In alcuni casi non
ebbe pietà. Tuttavia, durante il suo regno nessuno fu punito per quello che
pensava o diceva, la libertà di stampa non conobbe eguali (né prima né dopo di
lei). Non censurò mai i suoi oppositori, non fece mai chiudere i giornali che
la denigravano.
Certo,
voleva che il suo potere fosse sempre riconosciuto e sapeva far capire a chi
cercava di opporsi a lei che non si sarebbe fatta sottomettere, ma non fu mai
meschina e vendicativa. In molti casi, dove i suoi predecessori avrebbero
probabilmente fatto sfoggio del loro potere, si fermò, punendo quel tanto che
bastava a dimostrare la sua forza ma senza infierire.
Gli
errori di Cixi derivano credo dal suo desiderio di conservare il potere e di
preservare la dinastia Qing. Quest’ultimi non mi sembra furono granché come
sovrani in realtà, neanche il figlio Tongzhi e il figlio adottivo Guangxu, e credo
che Cixi sbagliò nella formazione di quest’ultimi a imperatori. Furono istruiti
come si confaceva a un imperatore, ma imparare a memoria saggi confuciani non
può essere una preparazione sufficiente ad affrontare il mondo moderno. Cixi
avrebbe dovuto prima di tutto cercare di mantenere un buon rapporto con loro
(se avesse voluto che ascoltassero i suoi consigli) e soprattutto prepararli a
dovere al loro ruolo. Non c’è poi da stupirsi se un ragazzo di meno di
vent’anni non è in grado di reggere l’impero e segue i consigli dell’unica
persona che gli sia stata accanto fin dall’infanzia (il precettore di Guangxu,
Weng, conservatore).
Non
so perché Cixi agì in quel modo, sperava forse di controllare di più un
imperatore debole? Che l’avrebbero chiamata a governare al suo posto? In ogni
caso non si comportò bene con loro e non fece un favore alla Cina non
preparando i suoi imperatori.
Un
altro grave errore fu l’appoggio (diretto e indiretto) che diete ai Boxer, i
rivoltosi antioccidentali. Sul finire del secolo Cixi cercava a tutti i costi
di preservare la dinastia e il suo potere, ma le interferenze occidentali si
facevano sempre più insistenti. I Boxer con le loro rivolte antioccidentali non
aiutavano e le potenze straniere volevano che Cixi li fermasse con gravi
punizioni. Le potenze arrivarono a far marciare su Pechino l’armata britannica
e Cixi, senza più un’armata degna di questo nome, fece erroneamente affidamento
sui Boxer. Questi razziavano e saccheggiavano, portando più distruzione degli
alleati occidentali e senza impedire la disfatta di Cixi, che dovette fuggire
da Pechino per due anni. Stranamente, mentre prima era sempre osteggiata e non
le furono riconosciuti i meriti che le erano dovuti per le sue decisioni (assegnati
invece agli uomini suoi funzionari) in questo frangente il popolo tutto si unì
a lei e la sua popolarità crebbe.
Ci
sarebbe sicuramente da parlare ancora molto, ma voglio parlarvi ancora di un’ultima
cosa. Cixi desiderava a tutti costi
preservare la Cina e la dinastia Qing, in punto di morte fece due cose che
credeva dovessero essere fatte, una a favore della prima e una a sfavore della
seconda.
Prima
fece assassinare l’imperatore Guangxu, era fermamente convinta che sarebbe
diventato una marionetta dei giapponesi.
Poi,
affidò il potere finale alla nuova imperatrice vedova Longyu (consorte di
Guangxu) e le lasciò la facoltà di prendere decisioni in caso di «particolare gravità».
Perché
questo potere a lei, una donna maltrattata per tutta la vita che non sarebbe
mai riuscita a tenere testa e nessuno? Perché mettere questa clausola visto che
c’era un reggente (per conto dell’erede eletto Puyi)?
Con
questa decisione Cixi sacrificò la dinastia Qing per salvare i Manciù.
Perché
vi chiederete? Riassumo molto velocemente poiché mi sono dilungata fin troppo.
In
Cina c’erano i popoli Han e Manciù. La dinastia Qing era Manciù. I Manciù
avevano sottomesso gli Han. C’erano però, decisamente più Han che Manciù.
Il
clima in Cina stava cambiando, la gente era più informata e forte delle proprie
opinioni. Con la morte di Cixi c’era la possibilità che gli Han non volessero
avere più capi Manciù, anche sotto una monarchia costituzionale (voluta da Cixi
e da molti altri, che stava ancora prendendo forma al momento della sua morte e
avrebbe portato il voto al popolo).
Nel
1911 le rivolte e le sommosse erano troppe, gli Han trucidavano i Manciù ovunque.
Non era un capo a guidarli, ma un desiderio comune: rovesciare la dinastia Qing
e instaurare la repubblica.
I
principi e gli aristocratici Manciù non avrebbero mai ceduto, avrebbero
combattuto fino all’ultimo uomo per preservare l’onore loro e della
dinastia. Anche se non c’era speranza di
vittoria. Tuttavia, se fosse stata una donna a firmare la fine dei Qing, se
fosse stata l’imperatrice vedova a prendere la decisione… E così il reggente
delegò tutte le decisioni all’impetratrice vedova Longyu, che il 12 febbraio
1912 mise fine al Grande Qing.
Concludo
qui, consigliandovi questo libro, perché si tratta di un viaggio nel tempo
incredibile, alla scoperta di una donna forte, decisa, che in ogni caso
contribuì a formare la Cina. Denigrata, accusata, cerchiamo invece di
ricordarla con sincerità, senza dimenticare le sue colpe ma senza nascondere i
suoi successi.
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