Il popolo dell’autunno – Ray Bradbury
Traduzione
di Remo Alessi
Illustrato
da Joseph Mugnaini
A
cura di Massimo Scorsone
Dalla
raccolta Halloween
175
pagine
Dopo
Cronache marziane e Fahrenheit 451 (ma anche Pioggia senza fine, Il veldt, Ora zero) questo libro di Ray Bradbury è stata una
sorpresa per me.
Dopo
le atmosfere extraterrestri, surreali e distopiche delle altre opere mi sono
ritrovata in un altro mondo, dove il weird,
il mistero e l’avventura dominano la scena.
I
protagonisti di questa storia sono Will e Jim, due amici inseparabili alla
soglia dei quattordici anni. Non sono più bambini ma neanche adulti, con la
smania di crescere e di lasciarsi alle spalle l’infanzia.
Sono
giovani e dovunque vadano ci vanno correndo, per la città, per i campi, alla
ricerca di avventure, ad esplorare. Tra i due è Jim quello più veloce e anche il
più impaziente.
Una
notte una strana musica giunge alle loro orecchie, un organetto che suona in
lontananza, le sue note trasportate dal vento si fanno sempre più vicine. Un
treno sta giungendo, trasportando un Luna Park oscuro e i suoi segreti. I
ragazzini si calano sulle strade e lo inseguono, fino a raggiungere la sua
destinazione, un binario morto in una radura. Lì, sotto lo sguardo della luna,
una mongolfiera verde come il muschio, pali terrorizzanti come ossa, teli fatti
di nubi, vengono approntati nell’assoluto silenzio dando forma al Luna Park.
Jim
e Will scappano a casa ma il loro incontro con quegli strani giostrai
itineranti – figure che si nutrono di dolore, paura e disperazione - non è
destinato ad essere l’ultimo. Nuove paure sorgeranno nei loro cuori, insieme a
desideri e forza inaspettata. Dovranno affrontare i loro timori, resistere alle
loro bramosie, per crescere ed apprezzare la vita.
Non
saranno soli e questi incontri e le avventure che ne seguiranno non li
lasceranno inalterati, oltre a riscoprire se stessi vedranno finalmente chi gli
sta accanto.
«[…] e tutti e due si fermarono di colpo
sotto un ponte della ferrovia, con la luna pronta dietro le colline e i prati
che tremolavano di una pelliccia di rugiada.» pag.34
Fin
dalle prime pagine, seguiamo quindi Jim e Will che cercano di scrollarsi di
dosso l’infanzia mentre non sanno ancora quale sarà il loro posto nel mondo, cominciando
a rivalutare il rapporto che li unisce e quello che hanno con i propri genitori
(soprattutto con il padre di Will). Il tutto si svolge in una cittadina satura
di misteri e cambiamenti, dove potranno finalmente crescere, anche se non nel
modo che speravano loro. Perché crescere, non è solo una questione di esteriorità,
è essere coscienti di cosa si nasconde nei recessi della nostra anima e di
quanto male sia celato a una vista superficiale. Crescere è prendere consapevolezza
dello scorrere del tempo, di quanto sia prezioso e di come sia sempre
importante vivere il nostro presente, che può darci molto di più di quello che crediamo.
Questo
romanzo mi è piaciuto soprattutto per l’atmosfera che è riuscito ad evocare.
Così tetra e avvolgente, carica di attesa e insicurezza.
A
parte la diversità dei temi, compare anche in questo libro la maestria dell’autore
nelle descrizioni, suggestive e poetiche, capaci di suscitare emozioni e
dipingere l’ambiente riportando qualcosa di più di un mero resoconto.
È un
po’ diverso dal Bradbury che conosco e in un paio di punti i dialoghi mi sono
forse sembrati un po’ lunghi ma erano funzionali ad approfondire il legame tra
i personaggi.
È
adatta la definizione di Massimo Scorsone che ho trovato nell’introduzione: un «… tetro e poetico “romanzo di formazione”…».
Nel
complesso ho apprezzato questo libro e questa edizione è ben fatta. Le
illustrazioni di Joseph Mugnanini sono molto belle e quella all’inizio di
questa storia è adatta a rappresentare questo popolo dell’autunno. Si tratta di un tomo di tutto rispetto questo Halloween,
perciò mi gusterò i libri e i racconti riportati con calma.
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